mercoledì 3 febbraio 2010

Faust a Copenaghen

Quello della fisica nella prima metà del Novecento è ancora un mondo piccolo, reame di pionieri, gente comune con un che di geniale; il suo centro, la sua piazza principale e il suo maniero si trovano in Blegdamsvej, la buia strada di Copenaghen su cui s'affaccia l'Istituto di Fisica Teorica fondato da poco da Niels Bohr. Tra le stanze e gli scaloni di quel palazzo s'intrecciano più volte le strade dei più grandi nomi della fisica dello scorso secolo: racconti sufficienti a riempire un libro.
Ed è quello che fa Gino Segrè, nipote di Emilio, che raccoglie in "Faust a Copenaghen" le storie dei personaggi che stanno dietro alla fisica moderna, ripercorrendo le tappe della rivoluzione quantistica attraverso gli occhi dei suoi protagonisti, rivelando la vita dell'uomo assieme alla biografia dello scienziato, la storia personale legata all'evoluzione della fisica: aneddoti, vite, passioni di uomini normali e insieme geniali, mescolate dal destino a comporre un mosaico comune, un capolavoro di pazienza, fantasia e intuito che non finisce entro i confini di un manuale di fisica, ma riecheggia nelle stanze dell'Istituto danese, a incitare le generazioni future.
Leggendo, si passeggia nei giardini al fianco del "maestro" Bohr, campione d'umanità e generosità, famoso come fisico e sconosciuto come uomo dal cuore grande, quando portò in salvo ebrei danesi chiedendo al re di Svezia in persona asilo. Ci si siede sul letto della camera di Copenaghen, fra il giovane e promettente Werner Heisenberg e il famoso professore, sapendo che in quella stessa camera sarebbero transitati poi Max Delbrück, George Gamow, e molti altri. Si sente l'odore del laboratorio di Lise Meitner, che ebbe il coraggio di far diventare la fisica cosa da donne in uno stanzino fuori dall'università, perché le donne non vi potevano entrare.
Heisenberg, Bohr, Ehrenfest, Pauli, Dirac, Meitner e Delbrück: tutti scienziati, alcuni premi Nobel, altri consegnati a un destino di scarsa fama ma enorme gratitudine per l'impulso dato all'evoluzione della scienza. Ma lontano da Stoccolma com'erano? …"Non c'è un'unica risposta su chi fossero, poiché i fisici sono diversi l'uno dall'altro come i membri di qualsiasi gruppo: ci sono i socievoli e gli introversi, i donnaioli e i fedeli, i girovaghi e gli stanziali. Alcuni erano astemi, altri bevevano troppo. Forse c'era un numero sproporzionato di amanti della musica e di scalatori, ma forse solo perché era stato detto loro che queste passioni erano tipiche dell'ambiente dei fisici."
Nel 1932, l'anno del miracolo per la fisica teorica e centesimo anniversario della morte di Goethe, il tradizionale spettacolo allestito dai partecipanti alla "settimana di discussione" voluta ogni anno da Bohr a Copenaghen, viene dedicato al poeta di Weimar, e in particolare alla sua opera più nota: il Faust. Nella parodia Faust è sostituito dal personaggio Ehrenfest, Mefistofele dallo scorbutico Wolfgang Pauli, che nelle missive si firma "Flagello di Dio". Il Signore non può essere che il personaggio più amato da tutta la comunità scientifica: Niels Bohr; il Re, Einstein. Corredata dagli schizzi di George Gamow, la versione del "Faust di Blegdamsvej" rimase nella memoria dell'Istituto danese come la migliore parodia messa in scena.
Ma la storia annoda i suoi fili a formare disegni incomprensibili e straordinari, o alcune volte inquietanti. Colui che per scherzo aveva sostituito Faust, Ehrenfest, tormentato dalla depressione, dalla convinzione di non essere mai adeguato, si suicidò l'anno successivo. E poco tempo dopo le scelte di quelle giovani menti fino ad allora spensierate si trovarono di fronte al bivio di un altro patto faustiano: il progresso della scienza, all'alba di una nuova guerra mondiale, stava per essere messo al servizio della politica. L'atmosfera non era più quella dei giorni sinceri di Copenaghen; i fisici che sconvolsero il mondo furono ben presto costretti a una diaspora mai riassorbita, e il castello della fisica, in un tempo non remoto saldamente radicato nel centro dell'Europa, finì sommerso dalla polvere come un cimelio dal passato. Mentre in America, in Unione Sovietica e in Germania la fisica firmava il proprio patto col diavolo, Copenaghen rimaneva immobile nel suo immutato sorriso innocente, destinata ad essere citata nei manuali solo per aver dato i natali ad un'"interpretazione". Sorniona, custodisce nel segreto il ricordo incredibile di persone uniche; e, come intervistata, svela nelle pagine di questo libro i particolari di una storia straordinaria, ricordando che ognuna di quelle menti eccellenti non è solo un cognome in calce a quella teoria chiamata Meccanica quantistica: ma anche, e soprattutto, un nome.

"Faust a Copenaghen"
Gino Segrè
ed. il Saggiatore
279 pp.

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